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16 Marzo 2012

Analisi archeoastronomica del megalite di Monte Arcivocalotto

V. F. Polcaro1,2,3

1) INAF, Istituto di Astrofisica Spaziale e Fisica Cosmica – Roma
2) Astronomy and Cultural Heritage Centre, Università di Ferrara
3) CESAR, Roma

INTRODUZIONE

I fenomeni astronomici sono stati osservati fino dagli albori della civiltà ed il tentativo di darne una interpretazione ha contribuito potentemente allo sviluppo del pensiero umano.
L'analisi degli orientamenti astronomici di opere monumentali e di sepolture e' spesso l'unico metodo con il quale e' possibile avere qualche informazione sulle credenze religiose di popoli di periodo preistorico e protostorico. La documentata coincidenza con eventi astronomici significativi e identificabili (eclissi, passaggi di comete note) permette una datazione precisa di eventi storici ( Polcaro et al., 2008).
Il confronto tra le descrizioni dello stesso fenomeno celeste da parte di osservatori afferenti a diverse realtà culturali della stessa epoca storica permette di evidenziare le differenze e le analogie delle rispettive "visioni del mondo" (V. F Polcaro, 2001).
Lo studio di fenomeni astronomici che possono essere connessi con l'origine di miti ne permette una interpretazione meno ambigua ( Pettinato, 1998).
L'analisi delle diverse descrizioni di fenomeni analoghi nel corso della storia di una specifica civiltà permette invece di ricavare indicazioni sull'evoluzione del suo pensiero e di mettere in evidenza gli apporti ricevuti da altre civiltà ( Needham, 1956; Clark & Stephenson, 1977).
Viene oggi solitamente definito “Archeoastronomia” l'insieme degli studi “di ciò che le popolazioni storiche e preistoriche hanno fatto a riguardo dei fenomeni celesti, ovvero di come se ne siano servite e di che ruolo questi abbiano rivestito nella loro cultura” (Sinclair, 2006). L'Archeoastronomia consiste quindi nel determinare ed analizzare i contenuti astronomici nelle strutture e nei manufatti di interesse archeologico, con lo scopo di aiutare l'archeologo a comprendere il mondo simbolico e le esigenze pratiche della civiltà che li ha prodotti ( Polcaro & Polcaro, 2009). Essa è quindi sostanzialmente una “scienza sussidiaria dell'archeologia”, come la radiodatazione, lo studio dei pollini fossili e molte altre.
I contenuti astronomici di un manufatto di interesse archeologico possono tradursi in simboli più o meno espliciti (pitture, grafiti, sculture, ecc.), ma, più comunemente, si traducono in orientamenti di strutture in direzioni nelle quali appare un fenomeno astronomico al quale viene attribuito dai costruttori un valore simbolico, ed in particolare associazione con divinità celesti, o pratico, di solito calendariale, o entrambi. (es.,Sinclair, 2006; Polcaro & Polcaro, 2009).

I MEGALITI ORIENTATI ASTRONOMICAMENTE DELL'ITALIA MERIDIONALE

Gli studi archeoastronomici dedicati a monumenti italiani sono stati sino alla fine del XX secolo molto limitati e concentrati prevalentemente su poche aree geografiche e pochi periodi storici. Recentemente è stato però dimostrato che la presenza di monumenti orientati astronomicamente è notevolmente diffusa in Italia Meridionale (Polcaro et al., 2010).
Monumenti megalitici orientati astronomicamente, spesso costruiti modificando rocce naturali poste sui pendii di alte montagne, sono infatti relativamente comuni in Cilento e Basilicata. A titolo di esempio, citiamo la “Preta ru Mulacchio” (Polcaro & Ienna, 2008) sul Monte Stella, in Cilento, e le “Petre de la Mola” (Curti et al., 2009), sul Monte Croccia nelle Piccole Dolomiti Lucane.
Questi monumenti presentano tutti allineamenti al meridiano ed al tramonto del solstizio d'inverno, probabilmente a scopi calendariali e rituali e molti di essi sono associati, sia spazialmente sia da testimonianze etnologiche, a moderni luoghi di culto Mariano (Polcaro et al., 2010).
Questi megaliti hanno caratteristiche comuni con altre strutture orientate astronomicamente presenti in Calabria ed in Puglia. Ricordiamo infatti che l'Area Sacra di Trinitapoli, il più importante santuario della cultura Proto – Appenninica, mostra chiaramente l'interesse dei suoi costruttori per i fenomeni celesti, con i suoi straordinari filari di migliaia di buche orientati secondo il meridiano, l'asse solstiziale ed il lunistizio maggiore Sud, che si estendono su di un'area valutata in almeno 90 ettari (Tunzi et al., 2008). Anche i megaliti di Nardodipace in Calabria, pur se è discussa la loro
modifica da parte dell'uomo, sembrano di simile tipologia (Gaspani, 2003).
Così come non è chiara l'estensione territoriale del fenomeno, non molto si può dire anche sulla datazione di questi megaliti del Cilento e Basilicata orientati astronomicamente. Anche se per molti di essi è possibile ipotizzare, sulla base di prospezioni di superficie, un'origine di uso nell'Età del Bronzo, non sono per ora possibili datazioni precise di questi monumenti: questa cruciale informazione si potrà ottenere solo a seguito di scavi archeologici in ognuno di questi siti.

IL MEGALITE DI MONTE ARCIVOCALOTTO

Il 23 giugno 2011, su richiesta del Gruppo Archeologico della Valle dello Jato, è stato effettuato un sopralluogo al megalite detto “Campanaro”, sul Monte Arcivocalotto.
La struttura si presenta come una lastra di arenaria quasi verticale, con un foro vistosamente artificiale e quasi circolare, con un diametro medio di circa 2 m.
Misure effettuate tramite una bussola da rilevamento e corrette per la declinazione magnetica locale tramite GPS e raffronto con la cartografia IGM ed immagini satellitari hanno mostrato che l'asse di tale foro ha un azimut pari a 133°1° ed un'inclinazione rispetto al piano orizzontale di 15°1°. Tale asse è chiaramente identificato in azimut da uno scasso a forma di V rovesciata sulla parte superiore del foro, che lo rende ben distinguibile anche ad una distanza considerevole.
Questo orientamento dell'asse fa sì che il Sole appaia al centro del foro, osservato dal piccolo pianoro sottostante, poco dopo essere sorto al di sopra dell'orizzonte geografico locale esattamente al solstizio d'inverno.
Il piccolo spostamento del punto ortivo solare al solstizio d'inverno (circa 2° in azimut negli ultimi 5000 anni per una latitudine di 34° N) assicura che il fenomeno si è mostrato in modo sostanzialmente uguale nel corso degli ultimi millenni.

Il megalite presenta quindi un chiaro allineamento astronomico.
Si pone quindi il problema di stabilire se questo allineamento, che in sé è un dato fisico e quindi non discutibile, debba essere considerato come intenzionale. A questo proposito, Schaefer (2006) ha proposto uno standard che è ormai internazionalmente accettato nell'ambito della Archeoastronomia: l'orientamento deve essere statisticamente significativo (maggiore di 3 rispetto all'ipotesi di allineamento casuale); vi devono essere prove archeologiche della intenzionalità; vi devono essere inoltre, possibilmente, testimonianze etnografiche del valore simbolico dell'orientamento che viene affermato.
Esaminiamo quindi come questi criteri si applichino nel caso in esame.

Significatività statistica.
Sempre secondo Schaefer (2006), la probabilità di trovare un singolo allineamento con un azimut corrispondente a quello di una delle 8 direzioni solari significative e conosciute in ogni cultura (le quattro direzioni cardinali e le quattro direzioni delle albe e dei tramonti ai solstizi invernale ed estivo) in un monumento ha una probabilità di 2,08 (corrispondente a circa una su 22) rispetto all'ipotesi nulla (orientamento casuale).
Nel caso del Campanaro però bisogna considerare che il fenomeno si verifica solo perché, al momento del passaggio del sole all'azimut dell'asse del monumento, l'astro ha anche l'altezza rispetto all'orizzonte uguale a quella dell'asse stesso.

La probabilità composta che questi due eventi indipendenti si verifichino contemporaneamente è quindi pari a circa 3,3 corrispondente a circa una probabilità su mille (1/22*1/45=1/990)che l'evento di verifichi solo per caso ed è quindi superiore alla soglia accettata di significatività.
Che il verso di orientazione cercato sia quello dell'alba del solstizio d'inverno e non quello, di uguale direzione ma di verso opposto, del tramonto del solstizio d'estate si può dedurre dal fatto che al solstizio d'estate, dati l'inclinazione rispetto alla verticale del megalite ed il profilo dell'orizzonte geografico a NW, il Sole si vede effettivamente tramontare entro il foro, ma non in posizione centrale e solo da chi si trovi nelle immediate vicinanze del megalite; al contrario, l'alba del solstizio invernale è invece perfettamente centrata e visibile chiaramente dal pianoro sottostante ed è quindi molto più facilmente osservabile anche da molte persone contemporaneamente.

Questa ipotesi è ulteriormente rafforzata dal fatto che nel giorno del solstizio d'inverno, alla stessa ora nella quale il Sole appare al centro del foro del Campanaro, l'astro ha un'altezza sull'orizzonte tale da apparire, se osservato da una posizione opportuna, esattamente lambire la punta del Pizzo Pietralunga: se, come sembrano indicare i dati archeologici, questo sito e quello del Monte Arcivocalotto sono collegati (vedi la relazione di Alberto Scuderi a questo convegno), la probabilità che ciò accada per ragioni puramente casuali è decisamente trascurabile (pari a circa ad 1 su 150000).

Prove archeologiche di intenzionalità
Il megalite mostra evidenti tracce di lavorazioni effettuate per ottenere l'orientamento dell'asse del foro che presenta attualmente (vedi la relazione di Francesca Mercadante a questo convegno).
Inoltre, il petroglifo a quadrati concentrici posto sul gradino situato ai piedi del megalite sul lato a NW è orientato esattamente come l'asse del megalite: esso è dunque connesso ad esso ed orientato anch'esso in direzione dell'alba al solstizio d'inverno. Questo petroglifo permette quindi a chi si trova vicino ad esso di determinare con una maggiore precisione che i raggi del Sole nascente al solstizio d'inverno provengano effettivamente dalla direzione che caratterizza questa data: esso può quindi essere utilizzato come uno “strumento di misura fine”, che permette di determinare con maggior precisione il giorno esatto del solstizio d'inverno.

Testimonianze etnografiche
Strutture megalitiche orientate nella direzione solstiziale sono comuni in moltissime culture, specialmente della prima Età del Bronzo (basti pensare a Stonehenge), dato che il giorno del solstizio d'inverno ha un'importanza determinante sia per motivi pratici, legati alle pratiche agricole, che per motivi simbolici (il giorno della “rinascita del Sole”, (Polcaro e Polcaro, 2009). E' certamente difficile immaginare ulteriori e più specifiche testimonianze etnografiche relative ad un manufatto sicuramente molto antico come „U Campanaro. Tuttavia, come afferma Jacques Le Goff (1999), “Il sacro è tenace: un luogo sacro, un giorno consacrato, conserva la propria aura attraverso i mutamenti di società, di cultura, di religione”. Effettivamente, elementi del folklore moderno mostrano che il megalite era ritenuto, fino a tempi recenti, un luogo sacro e magico, come evidenziato dalla leggenda che ne giustifica il nome popolare e che lo immagina come il campanile di una chiesa distrutta, che suona da solo in giorni particolari.

CONCLUSIONE
Si può quindi ragionevolmente concludere, in base agli standard internazionalmente accettati in ambito archeoastronomico, che “U Campanaro” sia effettivamente una struttura artificiale, realizzata in epoca preistorica al fine di determinare il giorno del solstizio d'inverno, con scopo calendariale e rituale.
Sicuramente, la sua funzione è la stessa dei megaliti orientati astronomicamente dell'Italia Meridionale precedentemente descritti. Anche l'evento astronomico che viene segnalato è lo stesso (solstizio d'inverno) e la cronologia del sito si accorda con quella più probabile per i “calendari di pietra” descritti in precedenza.
La tecnologia impiegata è però notevolmente diversa, così come è diversa l'ora alla quale viene rilevato il fenomeno (alba e non tramonto). Questo lascia supporre che anche i rituali associati a questo megalite fossero sostanzialmente diversi.
Ciò sembrerebbe indicare che il megalite o calendario astronomico di Monte Arcivocalotto sia il prodotto di una cultura con lo stesso livello economico ed organizzativo di quelle che erano contemporaneamente presenti in Basilicata e Puglia (e forse in Calabria) e quindi con esigenze pratiche e rappresentazioni simboliche analoghe, ma da esse distinta.
Naturalmente comunque, solo un accurato scavo archeologico permetterà di comprendere meglio questa straordinaria testimonianza del passato.

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